Gli affreschi mancanti all’Ordine Ospedaliero di San Jacopo d’Altopascio
CULTURA


Dall'anno mille e fatto erigere per ordine dei Conti Cadolingi un complesso ospedagliero alla vanguardia prestava soccorso e cure mediche ai pellegrini nel cuore della vecchia Francigena.
Introduzione: il percorso per arrivare alla ricerca
Questa ricerca è nata come tesi conclusiva della materia “Storia dell’Arte Medievale”, nell’ambito del “Corso per Guida Turistica della Città di Livorno” al quale ho partecipato come discente, nell’anno 2003, nella città di Livorno – Italia
Per arrivare fin qui, si doveva scegliere uno tra i temi selezionati dal professore e sviluppare la ricerca da presentare a fine corso. Ho atteso che gli altri colleghi scegliessero i loro temi, visto che, data la mia scarsa conoscenza a riguardo (nel Medioevo, noi in Brasile, neanche esistevamo...) non avrebbe fatto molta differenza uno o l’altro tema. Solo che... quando tutti hanno fatto le loro scelte, già non c’erano temi disponibili anche per me!
- Professore, ma io, di cosa dovrò parlare?
- Ti piacciono gli affreschi, vero?
- Sì! A me tanto!
- Allora, mi faresti un favore? È tanto che vorrei andare a verificare e fare un inventario sugli affreschi esistenti ad Altopascio! Ci vuoi andare te?
L’idea era affascinante! Per una ricerca così, e nelle due visite tecniche che ho fatto, sono andata in compagnia di un caro amico e bravo storiografo, appassionato di medioevo! Abbiamo “rovesciato” Altopascio, cercato per ogni angolo degli edifici religiosi un qualche vestigio di affreschi ma.... per nostra grande sorpresa, NIENTE AFFRESCHI!!!
Come sarebbe, un luogo di passaggio e sosta di cavalieri e pellegrini, lungo la via Francigena, come Altopascio, non aveva neanche un solo e timido affresco? Com’è possibile?
Subito dopo il primo sopralluogo, sono andata dal professore per rapportare ciò che non avevo trovato…
- Ma sei sicura?”
- Sì, professore e non ero sola ma in compagnia di un bravissimo storiografo, il quale si interessa di Medioevo!
- Allora sceglie tu un’altro tema per la tua ricerca
- Professore, posso mandare avanti questa stessa ricerca?
- Non hai detto che non ci sono affreschi?
- Sì, ma vorrei cercare di scoprire il perché non ci sono. Posso?
- La vedo un po’ temeraria questa ricerca, ma sì, fai pure!
> Nota 1: Affresco: opera pittorica che consiste nell'applicare colori diluiti in acqua su un rivestimento di malta ancora fresca, che permettere la pittura di permeare la parete, largamente utilizzato nella decorazione di chiese, edifici ufficiali e palazzi.
> Nota 2: Via Francigena: La via Francigena o Romea nasce nel VI secolo per necessità strategiche di collegamento tra popolazioni longobarde ed il loro capoluogo, Pavia. È parte di un insieme di percorsi di collegamento tra l’Europa Occidentale ed il Sud Europa fino a Roma, per poi proseguire fino in Puglia dove si poteva imbarcare per la Terra Santa, meta di pellegrini e crociati.
Altopascio: il luogo
L’origine della cittadina risale intorno all’anno Mille, con un nucleo da cui si è sviluppato il centro storico di Fucecchio, individuato con tutta probabilità nell’area del Castello di Salamarza, presso l’altura occupata attualmente dalla rocca trecentesca.
Tale complesso fu fatto erigere per ordine dei Conti Cadolingi, dopo che quella potente casata feudale di origine pistoiese aveva individuato nel medio Valdarno inferiore un nuovo centro al fine di tutelare i propri interessi che passavano principalmente lungo il fiume Arno.
Il centro ospedaliero (nel senso medievale del termine, cioè, un rifugio-SPA per pellegrini in trasferta) di teupascio, come era chiamato in origine (in lingua longobarda teu = popolo; passio = torrente, collega il sito ad un preesistente fiume Teupascio, oggi Tassinara) domina l’alveo dell’ex Lago di Sesto, la fossa Navareccia ed il Bosco delle Cerbaie, tutti luoghi che si configuravano un tempo come una vasta zona selvaggia.
Altopascio sorse dunque, nella seconda metà dell’anno Mille (“...È nominato nelle carte dell’Archivio vescovile di Lucca, la prima volta nell’anno 952...” – apud Repetti) in una zona malsana e paludosa, in relazione al percorso toscano della via Francigena, cioè la più importante strada dell’epoca, tra Roma e l’Europa centro-occidentale.
La sua nascita è legata all’ospedale fortificato ritenuto all’avanguardia per l’epoca, creato appositamente per prestare soccorso e cure mediche a quei pellegrini che traversavano quei luoghi per recarsi in visita ai centri spirituali della cristianità come Roma, Santiago di Compostela o i santuari dell’Europa Centrale e Settentrionale.
Il convento di S. Jacopo , divenuto proverbiale per la sua capacità di accoglienza, ha dato origine al potente ordine ospitaliero dei frati o cavalieri di Altopascio, esteso con beni e filiali in tutta Europa.
Originariamente seguaci della regola agostiniana, nei primi decenni del XIII secolo, gli ospitalieri di Altopascio furono assimilati, per volontà papale, agli ospitalieri gerosolimitani, pur mantenendo la loro autonomia.
A causa della pericolosità dei luoghi che circondavano quella regione, infestati dai briganti e da malfattori che assalivano i pellegrini ed i viandanti, gli ospedalieri di Altopascio, come molti altri ordini di quel tempo (Templari, Gerosolimitani, Teutonici, ecc), prestarono anche servizio armato di vigilanza e di difesa delle strade; essi furono detti Cavalieri del Tau (rappresentati dalla lettera T, o Tau come nell’alfabeto greco).
In seguito, però a causa soprattutto dell’intensificarsi della pericolosità sui cammini del pellegrinaggio, gli ospitalieri di Altopascio aumentarono la loro preparazione militare divennero veri e propri cavalieri scelti, le cui staffette infaticabilmente si avvicendavano lungo le strade percorse dai Christi pauperibus.
Per molti secoli i pellegrini si avvalsero di tale ospitalità, resa possibile dai frati e dalla generosità di quanti, in vita o dopo la propria morte, lasciarono totalmente o in parte i loro beni (eredità o donazioni) a quella confraternita. Infatti, la fama di questo ordine fu tale che ricevette numerosi privilegi degli uomini più importanti dell’epoca: ecclesiastici, nobili, re, imperatori, papi.
Sulle alture delle Cerbaie o nella bassa pianura paludosa era facile, per i pellegrini stanchi e spossati dal viaggio che percorrevano la Francigena, smarrire la retta via. Ma dal maestoso campanile della Chiesa San Jacopo Maggiore una campana, detta “La Smarrita”, suonava un rintocco ogni mezz’ora durante la giornata. Al calar del sole invece, il suono veniva cadenzato per un’ora per richiamare quanti nell’oscurità aveva colto di sorpresa nel folto del bosco ed indicare loro la direzione giusta per raggiungere l’ospedale. Gli ospedalieri attendevano i pellegrini per ospitarli e rifocillarli. Nella stessa mensa sedevano indistintamente poveri e ricchi cui era offerto un pasto caldo che divenne famoso con l’appellativo di calderone.
Non erano però questi i soli servizi di questi uomini dediti alla carità cristiana, in quanto essi garantivano la manutenzione alle strade, costruivano ponti e navigli per l’attraversamento dei fiumi, dei laghi e delle paludi ivi esistenti.
Lo Spedale di Altopascio era famoso soprattutto per la sua minestra, detta Calderon d’Altopascio , che prendeva il nome dal grande paiolo ( probabilmente di enormi dimensioni) in cui veniva cucinata una sorta di minestrone, a base di cereali, legumi e molte verdure, il tutto condito abbondantemente. La fama del Spedale legata alla capacità di rifocillare gli assistiti portò addirittura a coniare il detto Morir di fame ad Altopascio per indicare una persona così sciocca da non riuscire a cavarsela perché dove il vitto abbondava, come ad Altopascio, solo un sciocco poteva morire di fame.
Ogni anno, il 25 luglio, festa di S. Giacomo (patrono di Altopascio) ha luogo la tradizionale Festa del Calderone. In quell’occasione in piazza Ospitalieri, ma anche in varie vie del centro storico vengono cotti (dentro veri e propri calderoni) quintali di pastasciutta, poi conditi con sugo. I piatti fumanti sono distribuiti gratuitamente ai presenti.
> Nota 3: L’alimentazione del pellegrino:
1) Pane e vino, insieme a legume e zuppe sono stati alla base dell’alimentazione medievale. Per questo, questi prodotti erano anche indispensabili durante i viaggi. I pellegrini dal Nord Europa all’Inghilterra, aree dove il vino non veniva molto consumato, avevano come principale alternativa la birra tra le bevande accessibili, a parte l'idromele e le bevande fermentate a base di frutta (mele, pere e uva). Nelle bisacce (zaini), di solito portavano cibi facilmente conservabili (formaggio, pancetta, frutta secca), oltre al pane che era fondamentale e il vino, invece dell'acqua (più difficile da conservarsi).
Durante le soste, nelle locande, il menu era a base di zuppe e farinate fatte con cereali e legumi secchi, oltre a formaggi, salumi e frittatine sempre secondo la disponibilità economica degli stessi pellegrini!
2) Il Calderone: zuppa a base di cereali, legumi e molte verdure, il tutto condito abbondantemente, famosa per sfamare e nutrire i pellegrini e viandanti che si recavano ad Altopascio da/per la Terra Santa. Ad Altopascio l’ospitalità e le cure offerte a pellegrini e ammalati comprendevano anche una buona razione di cibo. Il vitto era particolarmente abbondante: quando nel 1232 le modalità di assistenza furono regolamentate, venne sancita anche una specie di “diritto” al pane per quanti usufruivano dell’accoglienza da parte dei Cavalieri del Tau.
3) Il Pane di Altopascio: pane tradizionale di Altopascio è un prodotto storico della Lucchesia, con un particolare processo di produzione che lo rende unico e inimitabile, prodotto senza l’utilizzo del lievito, perchè la tradizionale ricetta fatta risalire al lontano Medioevo prevedeva la preparazione della sconcia, i.e, un impasto speciale che solo i panifici della Lucchesia e le casalinghe hanno saputo tenere segreto. Così si è mantenuto nel tempo il mistero della lavorazione tradizionale, del suo sapore delicato perché senza sale, ottenuto da farina di grano tenero, con crosta croccante dorata chiara e mollica morbida, ideale per accompagnare i formaggi e salumi dei taglieri toscani.
L’impianto ospedaliero
Il complesso dell'ospedale corrispondeva ad un borgo fortificato e articolato in un insieme di edifici e di spazi aperti. L’ampio complesso architettonico che costituiva la sede dell’Ordine è attualmente il cuore del centro abitato e conserva numerosissime tracce leggibili delle sue vicende. Ancora oggi si possono riconoscere il centro direttivo dell’intero ordine, con magazzini e cantine adiacenti, chiamato “mansio”, così como la “domus” che corrispondeva alla residenza dei frati, il pellegrinaio o xenodochium cioè, il luogo di accoglienza dei pellegrini.
Le dimensioni delle strutture riservate alla conservazione delle riserve alimentari provano la capacità e la necessità dell’ospedale di far fronte ad afflussi di pellegrini quantitativamente assai rilevanti: decine di granai, grandi e piccoli, erano riservati alla conservazione del grano, sicuramente l’alimento più importante. (Per il pane: cf. nota 2, sopra).
Quattro erano le torri e quattro le porte di cui tre ancora esistenti, nel complesso: Porta Mariani, Porta dei Vettori, Porta Ospitalieri (probabilmente rappresentava un accesso riservato ai frati ed ai Cavalieri del Tau).
Il loggiato della “domus” (edificio in cotto e pietra) presenta un portico a due ordini, il primo con cinque possenti archi romanici, il secondo con snelle colonne rinascimentali.
La parrocchiale di S. Jacopo Maggiore è a tre navate, munita di transetto frutto di un intervento di rimaneggiamento eseguito tra il 1827 ed il 1830, al fine di aumentare le dimensioni della vecchia chiesa, non più adatta alle mutate esigenze liturgiche.
Dell’antica chiesa in stile romanico-lucchese, che occupa la posizione dell’odierno transetto, è ben conservata la facciata, policroma con in alto la figura di S. Giacomo benedicente oppure, come si trovano in alcune fonti bibliografiche, la statua di Cristo con il libro aperto, attribuita a Biduino. Qui si può osservare la sua maestria nell’arte della scultura. Fu edificata tra la fine del XII e la prima età del secolo successivo, quando l’Ospedale e la confraternita che lo gestiva erano diventati un’istituzione autorevole e necessitava di un luogo ampio e di pregevole fattura per il culto. La sua realizzazione fu affidata a due maestri di quel periodo: il pistoiese Gruamonte ed il pisano Biduino, i quali utilizzarono maestranze di due scuole diverse, facilmente individuabili sulla facciata. La parte del basamento in pietra lisci e la parte alta con ornamenti marmorei è di scuola lombarda. La bicromia delle loggette, operata con alternanza di marmo verde e bianco, è di scuola pisano-pistoiese. Al Grualmonte è possibile far risalire la parte della facciata in conci di pietra squadrata di colore ocra, la fascia con le piccole arcate cieche della loggetta inferiore ed il portale di accesso (il quale ha subito un intervento nel ‘500 e poi è stato definitivamente asportato del 1830, durante le opere di ampliamento della chiesa, al fine di addossarsi all’interno un altare laterale. La lunetta sovrastante, ad intarsi marmorei è invece originale. Al centro sono visibili due figure che si affrontano raffiguranti dei leoni;questo animale, simbolo della fede, viene riproposto sotto forma di due statue in corrispondenza delle due imposte dell’arco.
In passato, ornavano la facciata anche due bassorilievi raffiguranti San Pietro e San Jacopo (a quest’ultimo è dedicata la chiesa, insieme ai santi Egidio e Cristoforo, tutti considerati protettori dei pellegrini) facenti parte il pluteo demolito dopo la riforma cattolica, tolti dalla facciata in occasione di una mostra, sono rimasti al Museo di Villa Guinigi a Lucca.
Sul retro della chiesa romanica, è visibile la Torre campanaria merlata del 1280, aperta progressivamente da monofore e quadriforme, racchiudente la campana detta “La Smarrita”, del 1327, la quale tutte le sere suonava prima del tramonto per indicare la direzione che i viandanti dovevano seguire per raggiungere l’Ospedale. Nell’ultimo piano, verso nord, ha una trifora di dimensioni maggiori per permettere il passaggio delle campane. Sopra il piano delle monofore, sono presenti le statue degli Evangelisti: il toro di San Luca (ovvero il vitello o il bue, simbolo di mansuetudine, per il suo intimo soffermarsi sulle vicende di Maria e dell'infanzia di gesù, secondo varie tradizioni ed interpretazioni), l'aquila di San Giovanni (perché nel prologo del suo vangelo si parla del Verbo che è Dio e che spazza le tenebre per portare la luce, come l'aquila che vola in alto e fissa la luce del sole senza esserne accecata), l’angelo di San Matteo (o l’uomo alato, perché il suo Vangelo inizia con l’elenco degli uomini antenati di Gesù Messia) manca il leone di San Marco (perché il suo Vangelo comincia con la predicazione di Giovanni Battista nel deserto, dove c’erano anche bestie selvatiche). Alla stessa altezza, in corrispondenza delle piccole arcate, sono visibili delle sculture raffiguranti teste di uomini ed animali, frati e diavoli. Vi è il dubbio che questa ornamentazione non sia di epoca medievale, ma frutto dell’intervento di restauro dell’architetto Giuseppe Pardini, avvenuto nella seconda metà dell’ottocento.
Nel corso del XV secolo, tutto il complesso dell'Ospedale fu interessato da grandiosi lavori di ristrutturazione per opera della famiglia fiorentina dei Capponi. Tali opere riguardarono anche la chiesa, dove la struttura del tetto a capriate (oppure incavallatura, è un elemento architettonico tradizionalmente realizzato in legno, formato da una travatura reticolare piana posta in verticale e usata come elemento base di una copertura a falde inclinate) fu rivestita con belle volte a lunette di cui rimangono solo alcune mensole d’imposta d’archi, in pietra serena.
I Capponi allestirono anche, nel 1475, un piccolo cimitero proprio di fronte alla chiesa. In precedenza, i morti dovevano essere seppelliti o all’interno della chiesa o lungo i muri perimetrali.
Gli interventi eseguiti alla fine dell'Ottocento hanno completamente svuotato l’interno, pavimento e sottosuolo compresi il chè impedisce qualsiasi ricerca documentaria di tipo archeologico. Anche i parametri e le immagini sacre sono stati rimossi.
Conclusione
Durante tutto il percorso investigativo riguardo “gli affreschi di Altopascio”, mai trovati, tra Altopascio e zone limitrofi, ho provato a trovare dipinti e/o affreschi risalenti al periodo romanico/gotico.
Le fonti bibliografiche indicano che molti restauri ed opere di ristrutturazioni/ampliamento si sono susseguiti negli edifici del tratto in questione.
Questo potrebbe essere una delle ragioni per le quali non si possono trovare “campioni” di dipinti e/o affreschi in questa zona, e cioè, che siano andati perduti e/o distrutti durante i lavori.
Dalla mia osservazione sugli elementi architettonici/decorativi trovati sugli edifici religiosi esistenti però, ho formulato altre ipotesi che, forse combinate tra loro, fanno riflettere e possono giustificare l’assenza di affreschi ed altre opere pittoriche, senza per questo, pretendere di risolvere il “mistero”.
La prima è che, gli affreschi , in genere commissionati dai ricchi signori per fungere da “libri parlanti” nell’opera pastorale, in questo caso (all’Ospedale di S. Jacopo di Altopascio) non fossero necessari in quanto luogo di accoglienza/cura di pellegrini e non proprio di studio-didattica della religione. I pellegrini, tra l’altro, la religione la conoscevano già molto bene, visto appunto che il motivo della loro presenza in questo “Spedale” era il pellegrinaggio religioso da/per la Terra Santa.
La seconda riguarda il fatto che, con il passare dei secoli, questa zona abbia perso molto della sua funzione, i.e., di punto d’appoggio/cure per i pellegrini e così del suo prestigio. Con questo, parte del suo patrimonio artistico può essere stato eliminato durante i vari lavori di modifiche ed espansione degli edifici stessi.
Può darsi anche che sia trattata di una scelta riguardante fattori fisici del luogo (palude con altissima umidità, il chè potrebbe renderne difficile la manutenzione di affreschi ed altri elementi pittorici), i.e., che abbiano voluto privilegiare la durabilità e la più facile manutenzione, sfruttando il marmo per sculture, bassorilievi, mosaici negli elementi didattico-decorativi tra gli edifici religiosi presenti ad Altopascio e dintorni.
Inoltre, si ha notizie di vendite e/o spostamenti di alcune opere nella zona circostante, come il Crocifisso di Berlinghieri il quale è passato dalla Chiesa di Santa Maria degli Angeli a Fucecchio al Museo Nazionale di Lucca o come dei bassorilievi raffiguranti San Pietro e San Jacopo nella facciata romanica della Chiesa di San Giacomo Maggiore, i quali sono stati prestati per una mostra senza mai aver fatto ritorno...
Fotografia esempio di monofore e quadriforme:

